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GUARDARSI DENTRO RENDE CIECHI

Elena Dacrema 19 Dicembre 2017 Tag: , Blog
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Chiunque può essere “felice”

ma rendersi “infelici” è una cosa che si impara

Paul Watzlawick

 

La scorsa settimana durante un corso di Inglese, mi ha colpito una spiegazione che l’insegnante ci ha fornito. Riferendosi ai significati specifici di certe espressioni, ci disse che “to be self-conscious” significa anche avere un malessere, essere a disagio perché preoccupato di ciò che devi fare o di ciò che la gente pensa di te.

Questo immediatamente mi ha fatto venire alla mente alcune riflessioni riguardo alla consapevolezza: spesso i pazienti sono consapevoli dei propri problemi ma questa consapevolezza riguardo alla propria storia e al proprio comportamento non necessariamente li porta a riuscire a superare la sofferenza e a cambiare comportamento.

Ci sono alcuni filoni di pensiero che ritengono fondamentale l’introspezione ma alcuni terapeuti, come Paul Watzlawick (1921-2007) purtroppo hanno sostenuto che a volte la sola introspezione può far stare anche peggio. Dei suoi casi, non ne ricordava uno solo in cui il paziente fosse cambiato solo grazie all’autoconsapevolezza.

Per questo in Terapia Breve Strategica seguiamo le orme di Paul Watzlawick, che tra l’altro è stato il maestro del mio professore Giorgio Nardone: non ci basiamo su una causalità lineare ma su una causalità circolare che mostra come le persone tornino più volte sulle proprie azioni. Si affrontano problemi specifici in modo più diretto per ottenere risultati più rapidi e efficienti, adattando la comunicazione e la relazione in base al problema della persona che ci chiede aiuto.

BIGLIOGRAFIA

Watzlawick, P. (2007). Guardarsi dentro rende ciechi. Milano: Ponte alle Grazie.

La paura di farsela addosso

Elena Dacrema 26 Marzo 2017 Tag: , , , , Blog
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“La libertà vera non è fare quello che ci pare, ma vivere come creature libere dalla paura.”
SUSANNA TAMARO


Purtroppo di paure ne esistono tante quante se ne possono inventare! Proprio per questa ragione ci può essere chi sviluppa, solitamente a causa di qualche esperienza spiacevole in cui è stato male per caso, la paura di perdere il controllo delle proprie funzioni corporeee.  Tra queste paure vi è la paura di farsela addosso.

Come abbiamo già accennato, questo disturbo ha alla base la paura di perdere il controllo per cui la persona più cercherà di controllare i segnali che vengono dal proprio corpo, più perderà il controllo stesso.

Spesso chi teme di avere disturbi intestinali in pubblico comincia a controllare la situazione già dal risveglio: la persona si sente più sicura se prima di uscire di casa riesce ad andare in bagno. Se questo non accade probabilmente sentirà ansia ed allarme.

Inoltre una tentata soluzione è quella di evitare luoghi non conosciuti in cui può non esserci un bagno a disposizione, evitare mezzi pubblici come autobus, treno….ed in questo modo la situazione può diventare invalidante poiché possono venire compromessi anche i rapporti sociali o il funzionamento lavorativo.


La Terapia Breve Strategica, di cui mi occupo, è uno degli approcci d’elezione per problematiche su base ansiosa di questo tipo in quanto permette alla persona di sbloccare il circuito reiterato di tentate soluzioni disfunzionali messe in atto per gestire il problema attraverso indicazioni studiate ad hoc per il problema ed in un secondo momento di far costruire alla persona nuovo e più funzionale equilibrio.

Bibliografia
:

Nardone, G., Portelli, C. (2013). Ossessioni, compulsioni, manie. Capirle in tempi brevi. Milano: Ponte alle Grazie.

La paura del successo: Nikefobia

Elena Dacrema 27 Novembre 2016 Tag: , , , , Blog
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Quando gli dei vogliono punirci, avverano i nostri desideri.
(Karen Blixen)

Nikefobia letteralmente significa “paura di vincere” (terminologia greca composta da “nike” vittoria e “phobos” ovvero paura). Nike nell’Antica Grecia era infatti la Dea della Vittoria.

Il disturbo è stato identificato per la prima volta negli anni ’70 dalla psicologa Matina Horner e si basa sull’ipotesi che la persona si tenesse lontana dalla realizzazione per paura delle conseguenze del successo.

Matina Horner nel 1972 valutò le reazioni positive o negative al successo ad un test psicologico (TAT –Thematic Apperception Test) e trasse la conclusione che il 65% delle donne che rispondevano negativamente lo avevano fatto per un anticipazione delle conseguenze negative dovute al successo. In particolare, secondo la Horner, soprattutto le donne imparano che il successo in certe aree (area accademica, intellettuale) rappresenta una sorta di differenza rispetto alle norme sociali prescritte e poteva comportare critiche a livello sociale. Quindi, il successo in certi contesti per la Horner poteva essere in conflitto con la femminilità.

Altri autori come Metzler e Conroy (2004) valorizzano il contributo della Horner per aver individuato la fobia del successo ma non sono d’accordo nel ritenere questo problema come più prettamente femminile.

Secondo questi studiosi gli atleti con fobia del successo possono manifestare:

  • Isolamento Sociale ed emotivo;
  • Senso di colpa per affermarsi nella competizione;
  • La paura di scoprire il loro vero potenziale;
  • L’ansia circa la possibilità di superare il record stabilito da una persona stimata in quell’ambito sportivo/lavorativo;
  • Pressione di dover costantemente per soddisfare o superare la propria precedente migliore prestazione (Metzler & Conroy, 2004)

Queste manifestazioni illustrano conseguenze negative del successo che possono affliggere sia uomini sia donne e possono riguardare anche non-atleti.

Comunque, da un punto di vista pragmatico possiamo dire che la nikefobia si osserva sia in ambito sportivo sia in ambito lavorativo o in contesti in cui è richiesto di “fare performance”.

A causa della paura del successo, il comportamento osservato può essere descritto come una sorta di auto-sabotaggio che può ostacolare la crescita personale e il benessere.

Le persone che hanno paura del successo possono mettere in atto comportamenti di evitamento delle attività che facevano in momenti precedenti per paura di non riuscire a mantenere il successo che avevano ottenuto. Le conseguenze sono spesso insoddisfazione e rabbia.

Ad esempio, ambito sportivo si manifesta un minor rendimento in gara che in allenamento, evitamento della competizione sportiva, convincimento di non poter ripetere un’eccellente prestazione

La Terapia Breve Strategica, si occupa di varie forme di fobia e ha l’obiettivo di aiutare la persona a risolvere in tempi brevi il problema di cui soffre.

Il Centro di Terapia Strategica di Arezzo, fondato da Giorgio Nardone e che vanta collaboratori in tutta Italia e in nel resto del mondo si occupa anche della nikefobia.

In questo ambito il terapeuta ha come scopo iniziale quello di bloccare le tentate soluzioni prevalenti che mantengono il disturbo le quali possono essere l’evitare o il rimandare le prestazioni, l’ossessionarsi a dare performance eccellenti. Anche la pressione di altri a dare risultati significativi contribuisce talvolta ad amplificare il problema.

Lo scopo primario è pertanto gestire la paura di non saper mantenere i risultati raggiunti e togliere la pressione che si autoinfligge il soggetto o chi gli sta accanto.


Bibliografia

Nardone, Giorgio; Montano, Aldo; Sirovich, Giovanni. Risorgere e vincere. Ponte alle Grazie. (2012)

Horner, M.S. (1972). Toward an understanding of achievement-related conflicts in women. Journal of Social Issues, 28(2), 157-175.

Metzler, J.N., & Conroy, D.E. (2004). Structural validity of the fear success scale.

Sitografia

https://sites.google.com/site/motivationataglanceischool/fear-of-success